Anno 1507

Il Monte di Pietà di Fossombrone, che aveva iniziato ad accumulare i capitali necessari per la sua attività già nell'ultimo decennio del sec. XV, ebbe la prima sanzione ufficiale nel 1507 con l'approvazione, da parte de duca di Urbino Guidobaldo I, dei Capitoli o Statuti, stesi probabilmente ad opera del minore francescano frate Antonio da Montemilone. Costui infatti, chiamato a Fossombrone per praticare la Quaresima dell'anno 1506, si era molto prodigato affinchè la benefica istituzione passasse dalla fase preparatoria a quella operativa e iniziasse con sistematicità e ordine la sua opera a favore dei bisognosi, costretti fino ad allora per i loro prestiti a rivolgersi ai banchi degli ebrei. L'istituzione dei Monti di Pietà, promossa in particolare dai francescani, si inseriva infatti nel contesto del vasto dibattito sul tema del credito e dell'alternativa ai banchi ebraici, indispensabili per lo sviluppo della attività economiche, ma malvisti perchè accusati di esercitare l'usura. Con l'istituzione dei Monti di Pietà si intendeva andare incontro alle nuove esigenze della società, dando la possibilità di accedere al credito alle classi povere, in grado però di fornire garanzie e pegni di cose mobili non deteriorabili. Poco sappiamo sull'organizzazione del Monte forsempronese disegnata dai Capitoli stessi da frate Antonio, che probabilmente non si discostavano da quelli di luoghi vicini in cui l'istituzione era già operante. Conosciamo però da fonti indirette alcune delle disposizioni in essi contenute: l'amministrazione era affidata a dieci rettori, scelti fra i nobili o i migliori cittadini di Fossombrone, che svolgevano il loro incarico a vita e a titolo gratuito. L'assemblea dei rettori si riuniva una volta al mese per deliberare sulle questioni amministrative, mentre la normale gestione delle operazioni di prestito era affidata ad un conservatore dei pegni e ad un tesoriere: il primo prestava il denaro in rapporto al pegno che riceveva e teneva in custodia, il secondo si occupava di tutto il contante in entrata e in uscita. I prestiti, che non potevano superare i venti bolognini, erano concessi per sei mesi senza interessi; trascorso tale periodo i pegni non riscattati venivano venduti in asta pubblica. Ben presto le norme statutarie stabilite nel 1507 dovettero risultare non del tutto adeguate alle esigenze e alla realtà forsempronese, se già nel 1534 si rese necessario apportare le prime modifiche (fra cui quella di caricare di un modesto interesse le somme prestate) e successivamente, nel 1587, provvedere ad una loro ampia revisione.