Anno 1823

Riaperto il Monte dopo la parentesi Napoleonica, che aveva affidato la gestione di questa e di altre opere pie ad una Congregazione Centrale di Carità, il card. Albani, prefetto della Congregazione del Buon Governo, provvide nel 1823 alla stesura di più aggiornati Statuti. In particolare si stabilì che il Monte di Pietà dipendesse dal Vescovo di Fossombrone che ne era presidente e ne affidava l'amministrazione ad otto rettori scelti preferibilmente tra il ceto patrizio: i rettori duravano i carica quattro anni, nell'ultimo dei quali assumevano il ruolo di priori e curavano l'esecuzione delle deliberazioni prese dall'assemblea rettorale. Al momento dell'entrata in carica il nuovo rettore giurava in presenza dei suoi colleghi e del cancelliere o segretario che annotava la presa di possesso della carica nell'apposito registro. Le nuove disposizione non istituiscono figure diverse rispetto a quelle già esistenti, di cui vengono ribaditi ruoli e competenze; si precisa invece che il depositario o cassiere dovrà tenere tre casse distinte: quella dell'amministrazione generale, quella del giro dei pegni, e quella dei depositi di denaro da parte dei privati. Rimangono sostanzialmente invariate anche le norme circa la modalità di creazione, redenzione e vendita dei pegni che non sono caricati di alcun interesse, a conferma della solidità economica del Monte. Entrate le Marche a far parte del Regno d'Italia, il 24 ottobre 1860 il regio commissario generale straordinario per le Marche Lorenzo Valerio istituì in ogni comune della regione una Congregazione di Carità per l'amministrazione delle opere pie. In base a ciò, il 20 novembre successivo, la rappresentanza comunale di Fossombrone prese possesso del Monte in nome dell'istituenda Congregazione di Carità, ne assunse l'amministrazione, previa la compilazione di un dettagliato inventario dei beni mobili e immobili, rogato dal notaio Guido Luzi.

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